venerdì 8 luglio 2016

REGNO UNITO IN FASE DI STALLO DOPO LA BREXIT. Un'analisi di Andrea Mammone (Royal Holloway, University of London)

Pubblicato da huffingtonpost.it:

Impasse britannica post Brexit

Fa specie notare come il Regno Unito, paese dalla grande tradizione democratica e liberale, sia piombato in una fase di totale impasse e confusione politica. Dalla vittoria del Brexit a oggi, i sudditi della regina sono, di fatto, senza governo e opposizione, con la Scozia che comprensibilmene spinge per l'indipendenza, Nigel Farage, il leader dello UKIP che si dimette gongolando per aver raggiunto l'"indipendenza" del paese, la probabile futura leader dei conservatori criticata dai suoi stessi supporter, e non solo, per non aver voluto (inizialmente) garantire la permanenza dei lavoratori europei che attualmente vivono in Gran Bretagna, mentre fondi immobiliari perdono valore, e, in generale, con davvero poche prospettive rosee all'orizzonte. Negli anni a venire inoltre, una volta realizzato che l'UE non era responsabile di tutte le loro difficoltà, la "protesta" della working class e dei disoccupati potrebbe riversarsi su qualche altro "nemico" immaginario. Sono questi i cittadini, come scrive l'economista Pierre-Cyrille Hautcoeur su Le Monde (1 luglio), che "meno si sono adattati alla mondializzazione [e] che hanno deciso di lasciare l'Europa, nella vana speranza di restaurare un mitologico stato inglese in grado di proteggere la popolazione".

Sono essenzialmente quegli stessi inglesi che hanno subito le politiche di deindustrializzazione dei conservatori negli anni '80 e oggi quelle di austerità da governi simili. Con il voto del 23 giugno ci si è, in pratica, condannati a un lungo periodo d'incertezza socioeconomica e di diminuito peso internazionale. Il partito conservatore è infatti profondamente spaccato, con le correnti isolazioniste e anti-Europa che vorranno prevalere, e non solo culturalmente, nella corsa alla leadership. (...)