domenica 24 luglio 2016

OXFORD, LA ROCCAFORTE ANTI-BREXIT

pubblicato da http://www.iodonna.it/

Ha avuto allievi premi Nobel, capi di governo e anche fautori dell’uscita dalla UE. Ma oggi l’università è sotto shock. Siamo andati nel cuore della tradizione British, dove professori e studenti stanno immaginando una nuova via. 

Vedi Oxford e poi cambi. Così scrive Oscar Wilde nel De Profundis. (...) Oggi, a un mese dal voto che ha deciso il divorzio del Regno Unito dall’Unione Europea, torniamo nella più antica università del mondo anglosassone. Cent’anni dopo Wilde, una ragazza nata a Eastbourne, nella seaside anti-Europa, arriva a Oxford, nella città più cosmopolita d’Inghilterra, e si laurea in geografia. Si chiama Theresa May, sarebbe diventata la seconda donna primo ministro del Regno Unito.

Oxford, la roccaforte anti-BrexitOxford è una città sotto shock. Brexit va contro il suo passato, il suo presente e ciò che questo posto vuol continuare a essere: assieme a Harvard, il più noto, citato e stimato centro planetario del sapere. Oxford, al mondo, ha preso e ha dato. La sua storia annovera altri 26 primi ministri britannici e i protagonisti della tragicomica crisi politica di queste settimane, tra cui Margaret Thatcher, Tony Blair, David Cameron, i congiurati Boris Johnson e Michael Gove. Oltre a loro, molti premi Nobel, scienziati come Stephen Hawking, economisti come Adam Smith, scrittori come Lewis Carrol e J. R. R. Tolkien.

Nella più antica università inglese si formano studenti provenienti da ogni angolo del pianeta. Oltre 140 nazionalità, la quinta più numerosa è italiana (veniamo dopo Stati Uniti, Cina, Germania e India). Nel 2015 hanno studiato qui 22 mila giovani. Il 41% non proveniva dal Regno Unito: il 15% di questi arrivava dall’Unione Europea, che nell’anno accademico 2014-2015 ha contribuito con 66 milioni di sterline per la ricerca. L’ateneo in aprile si era espresso ufficialmente contro l’uscita dalla UE. Ora teme di perdere quei fondi, e non solo. «C’è il danno alla reputazione, impossibile da quantificare» ci spiega Martin McLaughlin, Agnelli-Serena Professor of Italian Studies a Oxford e traduttore di Italo Calvino. (...)

Eppure in Inghilterra Oxford è considerata un’astronave d’eccellenza, capace di produrre un élite nazionale e internazionale, ma non in grado di rappresentare il Paese. Ed è vero, in parte. L’approfondimento accademico può diventare isolamento sociale. (...) La comunità di Oxford non può certo rappresentare la nazione: «Nessuno qui si aspettava il risultato del referendum?» si chiede Sergey Minov, dottorando russo, studioso del culto dei Santi. «Ovvio, questo non è il Paese reale». «Troppe persone provenienti da background diversi, tutte insieme» racconta Douglas, che ha guidato la manifestazione anti-Brexit quattro giorni dopo il voto tra le strade della città. È molto arrabbiato: «Sono nato qui, ma sono un cittadino europeo. La UE ci ha garantito settant’anni di pace e opportunità. Davvero vogliamo perdere tutto questo?».

Oxford non rappresenta l’Inghilterra, ma non è una bella bolla blu (il colore ufficiale dell’università). Accogliendo persone da tutto il mondo, rappresenta il passato e il presente del Regno Unito: un Paese internazionale, che vive già sulle spalle degli immigrati, argomento centrale della campagna pro-Brexit. Come ci spiega Nicola Gardini, molisano, professore di Letterature comparate a Oxford: «Il sistema britannico si regge sugli stranieri: scuola, sanità, servizi. Quanti si ricordano che io qui pago le tasse, che la mia formazione è stata pagata dall’Italia, che loro ne godono i frutti?». Il Regno Unito da solo non ce la fa.
Racconta il professor Luciano Floridi, che dirige la ricerca dell’Oxford Internet Institute: «Sa come lo spiego ai miei studenti? Dico: se siamo in cinque, c’è un’auto da spostare e diamo una spinta a turno, l’auto non si muove; se spingiamo tutti insieme, la spostiamo. Ma vallo a spiegare agli inglesi!». Agli inglesi, certo, va spiegato. A Oxford invece l’hanno capito: va riconosciuto. Sanno che Brexit è un rischio enorme. La bella bolla blu potrebbe scoppiare. E sarebbe una perdita per tutti. (...)

Di stefania Chiale. Foto: The New York Times / Contrasto